Gli organizzatori, tuttavia, ci tengono a far sapere che la città di riferimento rimarrà sempre Londra. D’altra parte, accanto a quello benefico (i ricavi vengono destinati, tra le altre iniziative, al riciclo di biciclette da destinare a giovani africani), la Tweed Run ha pure un forte scopo culturale, di recupero identitario, e non c’è nulla di più inglese di parcheggiare la propria bicicletta, riassettare la propria giacca a quadroni e sostare per il tempo di un tè nelle vie della City, straordinariamente chiuse. “Con il latte o col limone non fa differenza”, fanno sapere da Bourne & Hollingsworth. “La cosa più importante è non avere fretta, il tè del pomeriggio è uno dei grandi piaceri della vita”. E pazienza se i baffoni (per i quali esiste una competizione a parte, il Best Moustache Prize – aperto a uomini e donne) dovessero scomporsi o, peggio, imbrattarsi per qualche attimo.
In definitiva, se c’è una costante all’interno delle colorate opinioni di giornalisti e appassionati che ogni anno si trasformano orgogliosamente in tweedrunners, è la chiara sensazione che Londra appaia molto più amichevole durante le ore della corsa: i turisti pacificati, i bambini esterrefatti, gli automobilisti disciplinati. Persino chi si attarda per una foratura non ha voglia di perdere il sorriso. Il grande punto di forza della Tweed Run, e insieme la motivazione più condivisibile del suo successo, è contenuto tutto nella mission di The London Cycling Campaign, uno dei maggiori partner dell’iniziativa: trasformare Londra in un posto più sano, pulito e felice in cui vivere, dove andare in bicicletta è una scelta per ogni londinese che voglia spostarsi in città economicamente e senza paura.