Certi inderogabili bisogni | Pirelli

Certi inderogabili bisogni

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È martedì mattina e si dovrebbe fare tutt'altro, lavorare, studiare o godersi la primavera, invece la strada che abbandona Edolo per inoltrarsi nei boschi pullula di biciclette. Non che le biciclette non siano un grandioso mezzo di svago, tutt'altro: la bicicletta è il giocattolo supremo, ha detto una volta qualcuno. Però percorrere in bicicletta la strada che da Edolo sale verso i boschi, questo di giocoso ha molto poco. La Statale diventa presto un sentiero stretto, s'infila in curve piccole che sbucano in rettilinei corti che muoiono in altre curve più piccole, il tutto con un'unica costante (la pendenza) e un unico significato (l'ascesa). Quando è così, la bicicletta smette di essere giocattolo e diventa strumento di tortura, e proprio non si capisce perché in così tanti si riversino sulla strada che se ne va da Edolo. 

PZeroVeloL'obiettivo è una cima che non è una cima, è l'altopiano dove Carlo Magno nel 773 ingaggiò uno scontro atroce con i pagani, una battaglia in cui morirono talmente tanti uomini, cristiani e infedeli insieme, che il luogo venne battezzato con un nome cupo e spaventoso: Mortirolo. La salita al Mortirolo si arrota nel nome e nell'asfalto, accoglie giovani ed anziani, gruppi di amici e genitori con bimbi piccoli dentro i seggiolini. Salgono sul Mortirolo perché il Mortirolo lassù è bellissimo, si apre in un gigantesco cortile di prati e faggi. Salgono sul Mortirolo perché il Giro d'Italia l'ha scoperto meno di trent'anni fa, ma è già entrato nella leggenda della corsa rosa. Salgono sul Mortirolo perché sul Mortirolo si rivelò Pantani; diede 4 minuti a Berzin, nel 1994, e quegli all'arrivo riuscì a pronunciare solo questa frase: “Da qui a Milano, per fortuna, non ci sarà un altro Mortirolo”. Salgono sul Mortirolo perché è la prima salita della tappa più dura del 100° Giro d'Italia, ed è dedicata a Michele Scarponi. Salgono sul Mortirolo, e accettano la tortura del Mortirolo, perché il ciclismo non chiede l'acquisto di biglietti ai suoi tifosi, ma solo un tributo di sudore. 

Ecco che allora gli ultimi chilometri di salita diventano il Maracanà del ciclismo. Dalle tribune naturali si assiste al passaggio in testa di Luis León Sánchez, spagnolo, ex-compagno di squadra di Scarponi, poi del gruppo dei migliori, infine di tutti gli altri. I gruppi sono ravvicinati, la corsa entrerà nel vivo più avanti, c'è tempo per tornare al vino e alla grigliata, il resto del Giro lo raccontano radio e tv. 

Dopo Bormio, la corsa prosegue su per lo Stelvio, sulla strada asfaltata più alta d'Italia, in mezzo a costoni brulli e accumuli di neve a bordo strada. Le scene sono le stesse del Mortirolo, amplificate dalla suggestione del capolavoro d'ingegneria che sono i 48 tornanti che conducono alla vetta. I tornanti si attaccano alla roccia come gli attardati alla bicicletta, sperano che starle più vicina, fin quasi a poterle sussurrare pietà in un orecchio, serva ad ammansirla. È tutto inutile, lo Stelvio stravolge le facce dei corridori, le invecchia e le raggrinzisce. Se non ci riesce la prima volta, ci riprova la seconda: superato il confine svizzero, la 16a tappa del Giro lo ripropone. Da quest'altro lato si chiama Giogo di Santa Maria, ma è sempre lui. Stravolge le facce e pure gli stomaci: Tom Dumoulin, la maglia rosa, è costretto a fermarsi a bordo strada per certi inderogabili bisogni. Quando si rimette in bici, ha già perso un minuto dagli avversari, poi ritrova un po' di forze e ne perde soltanto un altro. 

Nibali invece non deve ritrovare nulla e nessuno. È se stesso dall'inizio del Giro, e per questo prova l'attacco nel modo più coerente con se stesso: tenta l'allungo in salita e si avvantaggia in discesa. Planando verso valle semina per strada tutti, anche Quintana. Resta da solo con Landa, a Bormio lo batte allo sprint. Nibali riapre il Giro nella tappa del Mortirolo e dello Stelvio, fa esultare il pubblico in brindisi e urla da stadio, e allora si capisce un po' meglio perché in così tanti si erano riversati dal mattino sulla strade della corsa rosa.