10. A testa nuda
Si sa che Pantani agli appuntamenti ci tiene. E quello col Ventoux, tra calvi, era fissato da tempo. […] Il Ventoux è indifferente. Niente vittime stavolta, ma una corsa a eliminazione, chi perde 50 metri non li ripiglia più. Vale per tutti tranne uno, Pantani. […] Sul Ventoux Pantani ha patito come un cane, ha perso i contatti due volte. Il gruppettino dei migliori lo ha visto allontanarsi, si è trovato oltre le ammiraglie, arrancando alla ricerca del passo giusto. Una, due volte è tornato sotto, con umiltà, con fatica estrema. In coda, il Fossile rifiata. E pensa. Pensa che altre volte è stato meglio, pensa che da due giorni gli fa male il quadricipite sinistro, pensa a Hautacam, quando s’è tolto il cappellino, è scattato e poi l’hanno piantato lì come un fico. E poi pensa che l’appuntamento non si può mancare. Non ha niente da togliersi, è a testa nuda, e scatta la prima volta. Heras e Beloki lo accalappiano. E allora scatta la seconda volta, più secco, Heras sempre dietro, in faccia un gran vento. E questo dovrebbe consigliare prudenza, è come una mano che ti spinge indietro, il vento. Ma Pantani non è prudente, è lucidamente disperato. Le ali di Pantadattilo gli si stanno muovendo, lo sente, ma non riesce ad aprirle. Dovrà riprovarci, sì. Lontani i tempi che bastava un colpo, finiti quei tempi. Ma finito poteva essere lui, se non s’aggrappava all’ultimo vagone, chissà quanto gli è costato. Invece è lì, se la gioca ancora, che è un modo di dire. Ci sono momenti in cui ogni scatto si porta dietro l’anima e i polmoni, tanto più in questa pietraia che sarebbe rovente senza questo vento che la spazza. Così per la terza volta va via il Fossile, proprio mentre Virenque si sta accodando e, per essere sicuro che quello là non s’accodi, Pantani dà ancora gas, e quattro. Ormai il traguardo è a meno di 3 km. E Pantani piazza altri due scatti, ravvicinati, per distanziare Botero, il guardiano di turno. Ullrich continua a tirare, deciso e regolare: chiaro che più di così non può, Armstrong allora pianta la compagnia e in poche pedalate raggiunge Pantani. Si parlano. Passano davanti alla stele di Simpson, luogo di culto per i cicloturisti che davanti non lasciano fiori (non durerebbero) ma borracce piene di sassi, tubolari, portachiavi fatti a bicicletta, cappellini. Il masso di granito grigio su cui è tracciata la sagoma, l’ombra di un ciclista, non è del Ventoux. Sul Ventoux è tutto o verde o bianco. (Gianni Mura, La Repubblica, 2000)