Di epico i flandrien hanno poco, il loro è uno sforzo quotidiano. Faticano e bestemmiano, ma poi in cima ci arrivano tutti. Qualcuno a piedi, su certe pendenze è quasi la norma, ma nessuno si arrende a metà, non avrebbe senso. I muri delle Fiandre difatti sono cortissimi, brevi cicatrici rettilinee che si arrampicano sui fianchi di colline alte poche decine di metri. In cima spesso non c'è nemmeno un panorama da ammirare, solo pianura battuta dal vento. A tracciarli furono proprio gli eredi dei flandrien originari, che in cima alle colline possedevano campi, fienili e stalle. I contadini moderni invece li maledicono quei muri, hanno costruito strade più veloci asfaltando le vecchie tracce o solcando nuovi versanti delle colline, ma per qualche giorno all'anno tornano alle vecchie postazioni, celebrano un'ingegneria fatta di semplicità e abnegazione. Sono i giorni delle classiche del Nord, dalla festa del Giro delle Fiandre in giù, passando per semiclassiche e corse minori, un'intera geografia di ordini d'arrivo che si dipana tra queste stradine in un fazzoletto di pochi chilometri.
"Non saprei spiegare cosa c'entri il Koppenberg con una corsa ciclistica. Anzichè una gara, è una lotteria dove solo i primi cinque hanno delle possibilità. Cosa abbiamo fatto di male per essere mandati a pedalare in questo inferno?" (Bernard Hinault)
A guardare la planimetria del Giro delle Fiandre, c'è da farsi venire il mal di testa. Un continuo cambio di direzione. Anelli quasi concentrici avviluppano la cittadina di Oudenaarde per andare a prendere il maggior numero di muri possibile. Non c'è collina nelle campagne fiamminghe che non possa esibire orgogliosamente un "berg" per ogni suo versante. Il trittico che sorge alle porte di Oudenaarde è quello che decide il Giro delle Fiandre, il più battuto dagli amatori. Alla vigilia del Ronde si affollano in oltre 15000 per la prova amatoriale, dal semiprofessionista in bici fiammante al più sgangherato cicloamatore in sella al più classico "cancello".
Il Koppenberg è giusto all'uscita del paese, e se lo si va a vedere dal basso fa girare la testa, sembra una piattaforma di salto con gli sci, solo che è in pavé e al pavé deve persino il suo nome. Deriva dall'abbreviazione di "kinderkoppen", letterlamente "muro delle teste", teste di bambino, soprannome con cui sono affettuosamente chiamate le pietre del selciato. 62 metri di dislivello in 600 metri, con punte al 22%. Una lunga virgola di roccia, tra gli alberi, che non lascia nemmeno vedere il cielo in fondo. Sul Koppenberg si sono registrate le scene più inverosimili della corsa, è il passaggio dove ancora oggi si vedono corridori professionisti spingere la propria bici a piedi.