Il Giro d’Italia numero 100 è una di quelle feste in cui gli invitati sono talmente tanti, e talmente prestigiosi, che quasi si fa fatica, tra la folla, a individuare i padroni di casa e a rendergli omaggio. Undici tappe e undici vittorie straniere: alcuni pensano sia un sintomo inequivocabile delle difficoltà attuali del ciclismo italiano, altri pensano invece che sia segno fortissimo del cresciuto appeal della corsa rosa, che attira sempre più attenzioni internazionali, e sempre più campioni. Quello su cui tutti sono d’accordo è che il Giro d’Italia, nonostante tutto, sia un evento con un’identità inequivocabile, segnata da un legame viscerale con i luoghi e le atmosfere che attraversa. Gli addetti ai lavori esprimono questo concetto dicendo che “il Giro è più italiano di quanto il Tour non sia francese”, o che “il Tour è pensiero, ma il Giro è emozione”. Anche i corridori condividono idee non dissimili sul carattere intimo, quasi familiare, del Giro d’Italia. Non è raro sentire affermare i protagonisti della corsa rosa che è come se il Giro appartenesse in toto ai ciclisti e agli spettatori sulle strade, non ancora al mondo in senso generale. Se il Giro è, allora, tra i più italiani degli eventi italiani, la dodicesima tappa dell’edizione 2017 è tra le più italiane delle tappe del Giro.

